Quando si parla di autosabotaggio ci riferiamo, teoricamente, ad un tentativo (anche abbastanza maldestro) di tenerci lontani dalla sofferenza. Sofferenza che può esser causata da un rifiuto nelle relazioni sentimentali o da un qualsiasi tipo di insuccesso. In termini pratici, parliamo di questo meccanismo ogni qualvolta ci ritroviamo, continuamente e in maniera imperterrita (se vogliamo, anche cocciutamente), ad inciampare e cadere nelle solite e vecchie abitudini che ci hanno portato a sperimentare sensazioni che non volevamo trovarci a vivere nuovamente.
Si tratta di un atteggiamento davvero comune che è guidato da specifici schemi cognitivi in cui troviamo un atteggiamento fortemente autocritico e che può essere osservato tramite, ad esempio, episodi di procrastinazione, ricerca del perfezionismo o, ancora, la continua ricerca di un confronto tra i nostri e gli altrui risultati. Spesso, tutto ciò ci spinge a non metterci in gioco lasciando andare, di conseguenza, delle importanti opportunità solo per la paura di come le cose potrebbero andare.

Ma come mai allora, se ci rendiamo conto dei nostri comportamenti che non ci piacciono, continuiamo a ripercorrere le vie conosciute e ci mettiamo i bastoni fra le ruote da soli?
L’autosabotaggio è una strategia cognitiva che ha come obiettivo generale l’autoprotezione per salvaguardare la propria autostima e l’immagine di sé (Berglas & Jones, 1978; Rhodewalt, 1990; Smith et al., 1982). Alla base di questa strategia spesso sono presenti: una Visione scarsa di sè, Idee interiorizzate, Timore del cambiamento o dell'ignoto e Assoluto bisogno di controllo.
In questa cornice, è centrale la modalità in cui ognuno di noi tende a presentare sè stesso e, infatti, nel 2003 (Hewitt et all.,2003) è stato rilevato che quando le persone tendono ad avere un approccio perfezionistico nel presentare la propria immagine, spesso hanno anche maggiori probabilità di sperimentare ansia e, di conseguenza, arrivare all'autosabotaggio. Tale tendenza sembra verificarsi proprio come conseguenza della preoccupazione per la valutazione che potremmo ricevere dagli altri. Ci si difende, in pratica, dalla possibilità di un eventuale fallimento.
E' come se l'autosabotaggio ci permettesse di andare a gestire una scarsa tolleranza dell'ansia e dello stress che è naturalmente associato al perseguimento e, di conseguenza, al raggiungimento di nuovi obiettivi.
Il "muoversi" nel corso della vita prevede necessariamente l'alternarsi di nuove tappe, di nuovi obiettivi (a breve o a lungo termine); questo "movimento" è spesso accompagnato dalla paura del cambiamento che, nel contesto dell'autosabotaggio, gioca un ruolo centrale. Pensiamo, ad esempio, a tutte quelle volte in cui abbiamo preferito restare nella nostra zona di comfort (pur vivendola come un'insoddisfacente stagnazione) piuttosto che andare a scontrarci contro l'ignoto e l'incertezza che il cambiamento porta con se fisiologicamente. A questa paura dell'ignoto è connessa una scarsa fiducia in quelle che sono le nostre capacità di riuscire ad adattarci a delle nuove condizioni (interne o esterne).
Autosabotaggio affettivo

Lo stesso meccanismo può verificarsi anche quando si tratta di relazioni. Spesso gli individui con bassa autostima tendono a sabotarsi perché credono di non meritare il successo o la felicità. Queste credenze limitanti possono essere radicate nelle esperienze dell’infanzia, se si è cresciuti, ad esempio, in una famiglia disfunzionale dove l’attaccamento e la relazione con i genitori non era stabile oppure in relazioni sentimentali passate che hanno fatto soffrire e che ci hanno portato a pensare che non meritiamo quella relazione "positiva". Che succede allora? Bhe, in questi casi è come se l’autosabotarsi diventasse una forma di autodifesa: se sono stata ferit* o abbandonat* in passato, potrei, in maniera sia consapevole che non, sabotare una relazione per evitare ulteriori ferite emotive.
Autosabotarsi è come una lotta contro noi stessi

Si tratta esattamente di questo, un “remarci contro” inconsapevole. Tutto ciò ci impedisce di raggiungere quelle mete che ci eravamo prefissati, semplicemente perché crediamo di non riuscire mai a tagliare il traguardo e, allora, lentamente smettiamo di correre senza neanche rendercene conto e, al contempo, restiamo incastrati in circoli viziosi in cui ci colpevolizziamo e pian piano arriviamo a credere sempre meno nelle nostre capacità.
Ma come facciamo a capire se stiamo effettivamente mettendo in atto un circolo di autosabotaggio? Iniziamo a chiederci se:
Abbiamo la tendenza a preoccuparci per ogni cosa? Temiamo costantemente di fallire?
Ci capita speso di giudicarci e rivolgerci delle critiche sulle nostre capacità?
Ci paragoniamo agli altri? Guardiamo spesso il percorso degli altri osservando dove loro si trovano nei loro successi e dove ci troviamo noi?
Tendiamo a procrastinare?
Fatichiamo a terminare ciò che abbiamo iniziato?
Questi e altri atteggiamenti o modi di fare ci indicano dei tentativi di autosabotaggio ed una tendenza verso esso.
Come evitare di cadere nella buca dell’autosabotaggio?

Per prima cosa è fondamentale riconoscere a noi stessi che l’unico impedimento e ostacolo della nostra vita non siamo che noi stessi. Una profonda consapevolezza è alla base della soluzione dell’autosabotaggio. In tale contesto è fondamentale andare alla ricerca di quali sono i nostri valori e da lì prendere la decisione consapevole e quotidiana di vivere in maniera conforme ad essi. Perché questo diventa fondamentale per ridurre la possibilità di autosabotaggio? Perché i valori rappresentano, in qualche modo, il nord della nostra bussola interiore e, di conseguenza, hanno il potere di creare delle basi per avere la motivazione e la forza di volontà necessarie a raggiungere i nostri obiettivi e quindi rafforzare le proprie abilità di autoregolazione; questo, a sua volta, migliora la vita in generale. Quando un nostro obiettivo che ci siamo prefissati è ben radicato nei nostri valori, non solo siamo motivati a perseguirlo ma abbiamo anche più volontà nel farlo. Quando siamo tentati dall’evitare una certa esperienza o una certa responsabilità, è fondamentale recuperare il contatto con i nostri valori perché sarà proprio questo a permetterci di non autosabotarci, allontanandoci dai meccanismi che abbiamo visto sopra.
Quando abbiamo bene in mente la nostra bussola, allora riusciamo ad avere un punto di riferimento per monitorare i nostri progressi in direzione dell’autorealizzazione e dei nostri obiettivi; in pratica abbiamo uno scopo!
La cosa più importante, in quest’ottica, è prendersi cura di sé e trattarsi con gentilezza e autocompassione piuttosto che con autocritica. In base a ciò, risula fondamentale stabilire degli obiettivi realistici, che siano effettivamente raggiungibili piuttosto che puntare, come abbiamo visto prima, al perfezionismo.
Se il circolo di autosabotaggio è diventato qualcosa di fortemente condizionante nella nostra vita e, quindi, risulta sempre più complicato affrontare queste dinamiche e le emozioni intense associate, sarebbe consigliabile richiedere il supporto di un professionista che possa permetterci di scoprire le cause dell’autosabotaggio e di ritrovare le risorse interne per far fronte a queste difficoltà. La terapia cognitivo comportamentale, in tal senso, è una terapia che si focalizza su delle soluzioni condivise che permettono al paziente di costruire piano piano un piano d’azione che permetta di riprendere i remi in mano e ricominciare a “muoversi” verso il raggiungimento di nuovi obiettivi.
Dottoressa Curti Miriam,
Psicologa Cognitiva e Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
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